di Sabrina Ferri
Il Macro di Roma inaugura i suoi nuovi spazi. Quattro giorni, dal 27 al 30 di maggio, tutti dedicati all’arte contemporanea e ai suoi artisti in occasione della mega fiera capitolina “The Road to contemporary art”. La fiera, allestita in zona Testaccio, ha convogliato visitatori di ogni nazionalità verso un’arte troppo spesso poco apprezzata e, di fatto, li ha trascinati in nuovo mondo a dir poco suggestivo, grazie al ricco programma di eventi denso di incontri, cene d’autore, incontri, perfomance artistiche, mostre e visite guidate.
In particolare, punto cardine della fiera, è stata l’inaugurazione del Maxxi, museo d’arte del XXI secolo opera dall’architetto Zaha Hadid e che nel primo giorno di apertura al pubblico ha registrato, sostiene in suo articolo La Repubblica (http://roma.repubblica.it/dettaglio-news/roma-17:20/1521), oltre 3500 visitatori.
Contemporaneamente, il Macro, museo d’arte contemporanea di Roma, schiaffa la concorrenza al Maxxi mettendo a nudo la sua nuova ala, realizzata dall’archistar Odile Decq, in quello che, per ora, è ancora un cantiere in costruzione e che sembrerebbe voler riaprire ufficialmente le sue porte il prossimo ottobre.
Intanto, in questi quattro giorni d’eccezione, il Macro ha visto sfilare dinanzi a sé volti carichi di stupore, giornalisti curiosi e fotografi, stranieri, persino alte cariche pubbliche tra le quali il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ma anche Walter Veltroni e Fausto Bertinotti.
Lungo il percorso obbligato tantissime le opere da ammirare e rigorosamente custodite da giovani addetti all’integrità e alla vigilanza delle stesse.
Tra le tante, sicuramente bislacchi, i bagni con i lavandini che si accendono e si colorano al solo tatto, ma anche la straordinaria sala bianca nella quale spicca l’ammasso di pentole ammucchiate e saldate in blocchi, opera dell’indiano Subodh Gupta, affiancato da un noto quadro, la Chimera (1985) di Schifano, e da grandi vele sospese realizzate nel 1993. In alto una passerella conduce, invece, alla terrazza dalla quale poi agli occhi del visitatore inizia ad aprirsi la parte storica del museo.
E proprio nella parte vecchia, che contrariamente alla nuova, rimarrà aperta per tutta l’estate, si stanziano l’ambiente salino dello spagnolo Peris che, tramite un processo biologico, dà vita alla formazione di stalattiti, le pareti ricurve degli atri di Trevisan, l’ambiente gremito di simboli di Zorio, ed infine, in uno spazio di confine tra le due parti del museo, nasce l’opera suggestiva di Haschimoto che, con i suoi circa 7000 aquiloni pendenti, regala un’insopprimibile senso di pace e giovale meraviglia.