Alessandra Vitullo
È in corso ormai quasi da un mese la mostra Michelangelo Pistoletto: da Uno a Molti 1956-1974, presso il nuovissimo museo di arte contemporanea MAXXI.
Dopo la turbolenta inaugurazione del 3 marzo, durante la quale il sottosegretario alla Cultura, Francesco Giro, fu costretto ad andarsene tra i fischi dei critici e dei visitatori; a fine marzo, l’esposizione già registra migliaia di visite.
Curata da Carlos Busaldo, la mostra raccoglie più di 100 lavori dell’artista contemporaneo italiano, uno tra i padri fondatori dell’Arte Povera.
L’esposizione percorre l’evoluzione artistica di Pistoletto attraverso alcune delle sue opere più suggestive: a cominciare dai Quadri specchianti, lastre di acciaio inox lucidate a specchio, sulle quali viene sovrapposta una serigrafia di riproduzione di un’immagine fotografica a dimensione reale. L’artista vuol raggiungere, in questo modo, il massimo grado di oggettività rappresentativa e, nello stesso tempo, mettere al centro dell’opera d’arte colui che l’ammira. In un rimando di riflessi, infatti, chi osserva l’opera ne è al contempo sia spettatore che attore .
Plexiglass, riprendendo il concetto dei Quadri specchianti, riproduce su tavole, per l’appunto di plexiglass, oggetti comuni: tavolini, dischi, scale, corde. L’effetto ottenuto è la perfetta compenetrazione tra spazio e oggetto che crea un improvviso slittamento tra significante e significato: il tavolo non è definito tale per la sua funzione o i materiali che lo caratterizzano, ma semplicemente per la sua immagine.
Oggetti in meno, il loro intento concettuale e artistico non potrebbe essere spiegato in maniera più efficace, se non citando la definizione datagli dallo stesso artista:
I lavori che faccio non vogliono essere delle costruzioni o fabbricazioni di nuove idee, come non vogliono essere oggetti che mi rappresentino, da imporre o per impormi agli altri, ma sono oggetti attraverso i quali io mi libero di qualcosa – non sono costruzioni ma liberazioni – io non li considero oggetti in più ma oggetti in meno, nel senso che portano con sé un’esperienza percettiva definitivamente esternata. È in corso ormai quasi da un mese la mostra Michelangelo Pistoletto: da Uno a Molti 1956-1974, presso il nuovissimo museo di arte contemporanea MAXXI.
Dopo la turbolenta inaugurazione del 3 marzo, durante la quale il sottosegretario alla Cultura, Francesco Giro, fu costretto ad andarsene tra i fischi dei critici e dei visitatori; a fine marzo, l’esposizione già registra migliaia di visite.
Curata da Carlos Busaldo, la mostra raccoglie più di 100 lavori dell’artista contemporaneo italiano, uno tra i padri fondatori dell’Arte Povera.
L’esposizione percorre l’evoluzione artistica di Pistoletto attraverso alcune delle sue opere più suggestive: a cominciare dai Quadri specchianti, lastre di acciaio inox lucidate a specchio, sulle quali viene sovrapposta una serigrafia di riproduzione di un’immagine fotografica a dimensione reale. L’artista vuol raggiungere, in questo modo, il massimo grado di oggettività rappresentativa e, nello stesso tempo, mettere al centro dell’opera d’arte colui che l’ammira. In un rimando di riflessi, infatti, chi osserva l’opera ne è al contempo sia spettatore che attore .
Plexiglass, riprendendo il concetto dei Quadri specchianti, riproduce su tavole, per l’appunto di plexiglass, oggetti comuni: tavolini, dischi, scale, corde. L’effetto ottenuto è la perfetta compenetrazione tra spazio e oggetto che crea un improvviso slittamento tra significante e significato: il tavolo non è definito tale per la sua funzione o i materiali che lo caratterizzano, ma semplicemente per la sua immagine.
Oggetti in meno, il loro intento concettuale e artistico non potrebbe essere spiegato in maniera più efficace, se non citando la definizione datagli dallo stesso artista:
Stracci, un’opera per tutte: La venere degli stracci: l’intramontabilità di un’epoca, in questo caso quella classica, rappresentata dalla statua di Venere, viene incorniciata e quasi inglobata da una moltitudine variopinta di pezze consumate, che al contrario sono il simbolo della caducità del nostro tempo.
In Luci e riflessi, invece, la vera creatrice dell’opera si rivela essere la luce, la quale in un gioco di riflessi tra superfici crea inaspettati segni artistici.
Presente anche tutta la serie di filmati e foto che immortalano le Azioni e Performance del gruppo Lo Zoo, costituito da artisti di ogni genere, nato dalla battuta di Carlo Colnaghi:
È possibile visitare anche la Cittadellarte, un laboratorio d’arte sperimentale, inaugurato a Biella nel 1998, dove il Maestro sperimenta gli accostamenti tra metropoli, creatività e natura, invitando l’osservatore a rifuggire da ogni tipo omologazione e a ricercare sempre un’alternativa di vita sociale.
La Capitale non poteva scegliere posto migliore del MAXXI per ospitare le opere di uno dei maestri dell’arte contemporanea italiana. Gli ambienti disegnati dall’architetta indiana Zaha Hadid, sembrano, infatti, danzare insieme alle opere del Maestro. Correndo, a volte, il rischio di rubargli la scena.
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